Riccardo Sgaramella, studioso, saggista e poeta cerignolano doc, amante della sua “cerignolanità”, personaggio eclettico, riflessivo, arguto e profondissimo conoscitore della vita e delle tradizioni linguistiche e folkloriche della sua terra d’origine, da anni valentissimo socio dell’A.N.PO.S.DI (l’Associazione Nazionale dei Poeti e degli Scrittori Dialettali).
Riccardo Sgaramella – dottore in Lingue e Letterature Straniere – è studioso di dialetti e autore di pièce teatrali e di versi in vernacolo e in lingua.
Studioso, saggista e poeta cerignolano doc, amante della sua “cerignolanità”, personaggio eclettico, riflessivo, arguto e profondissimo conoscitore della vita e delle tradizioni linguistiche e folkloriche della sua terra d’origine, da anni valentissimo socio dell’A.N.PO.S.DI (l’Associazione Nazionale dei Poeti e degli Scrittori Dialettali).
Ha pubblicato: Se squilla il telefono e La Girandola (1989), Versi contro…versi (1991), Tra folk e bi…folk (1992); Io e me (1993); Il dialetto di Cerignola (1994); Dizionario dei cognomi e soprannomi di Cerignola (1998); Macchje de gnostr (2008); Dizionario etimologico comparato del gergo di Cerignola (2011); Dialetto – variazioni sul tema in Omaggio a Luciano Antonellis (2013).
2° classificato al concorso nazionale di poesia dialettale indetto dal Comune di Ischitella (FG), In…espresso (2010), premiato al concorso nazionale romanzo breve indetto dal Comune di Vico del Gargano, ed. 2008; Di prossima pubblicazione: Il se e il so: appunti sul concetto di cultura; Uno strappo nei calzoni (pièce teatrale).
La Divina Commedia di Dante risulta essere in assoluto il classico maggiormente tradotto nelle lingue dialettali e quasi tutte le regioni italiane ne vantano una o più versioni spesso incomplete.
I primi tentativi di traduzione si sono avuti già nel Seicento ma solo nell’Ottocento il fenomeno diventa abbastanza frequente.
Risultano traduttori dialettali del poema dantesco Vincenzo Gallo “U Chitarraru” di Rogliano, del quale si conservano diversi canti dell’Inferno e tutto il Paradiso, e Luigi Gallucci di Aprigliano che nel 1847 traduce il canto XXXIII dell’Inferno.
Il primo tentativo di traslitterazione dell’intera opera dantesca lo fece Salvatore Scervini (Acri, 1847-1925). Nell’Ottocento napoletano ci sono altre due interessanti trascrizioni dialettali parziali, quella di Francesco Di Lorenzo, che traduce in versi i primi undici canti dell’Inferno, e quella di Raffaele Mastriani.
Anche nell’Italia settentrionale le traduzioni della Commedia cominciarono a essere frequenti intorno al XIX secolo. Carlo Porta (Milano 1775-ivi 1821), il massimo poeta dialettale milanese, ha pubblicato alcuni saggi di traduzione della Divina Commedia; Porta tradusse più o meno liberamente cinque canti dell’Inferno parte in sestine e parte in ottave.
Tanti altri si cimentarono: Francesco Candiani, Giacomo Rotondi, Luigi Demaria, ecc.
Ma che cosa spinge questi studiosi del mondo dantesco a cimentarsi in così arduo lavoro? C’è chi ha scritto che motivo della traduzione “è quello di adattare all’intelligenza del popolo le sublimi ispirazioni e i concetti troppo alti del maggior Poeta dell’universo”, è “avvicinare il mondo dantesco alla maggior quantità di lettori”, ma anche “provare a vestire di abiti concettuali sontuosi il linguaggio popolare, la lingua di tutti”.
È quanto pensato, progettato e tenacemente e amorosamente realizzato con passione e perseveranza dal professor Riccardo Sgaramella, studioso, saggista e poeta cerignolano doc, amante della sua “cerignolanità”, personaggio eclettico, riflessivo, arguto e profondissimo conoscitore della vita e delle tradizioni linguistiche e folkloriche della sua terra d’origine, da anni valentissimo socio dell’A.N.PO.S.DI (l’Associazione Nazionale dei Poeti e degli Scrittori Dialettali).
Il nostro ha al suo attivo numerose pubblicazioni di sillogi in lingua e in dialetto, oltre a vari e importantissimi saggi, fra cui Il dialetto di Cerignola e un Dizionario etimologico comparato del gergo di Cerignola. Se tutto ciò non fosse poco, mancava appunto un’impresa così titanica: cento canti per un totale di quattordicimila versi … ed eccola realizzata! Opera quindi faticosa e coinvolgente, lavoro compiuto completamente e brillantemente sotto tutti i punti di vista dal prof. Sgaramella.
Da una prima lettura si comprende subito l’approccio positivo dello studioso nei confronti dell’opera, intesa come sostanza e forma. Immediato e chiaro l’assoluto rispetto del contenuto, evidentemente onnipresente la tenace preoccupazione di una ricerca linguistica scrupolosamente curata, anche se è possibile imbattersi talvolta in qualche forma italianizzata, per esigenza di musicalità e/o per aderenza il più possibile al testo dantesco.
Le modalità espressive del Nostro sembrano essere, dopo questa parziale lettura, sicuramente quelle di un realismo popolare, in cui attraverso espressioni fresche e immediate si rende viva e incisiva ogni immagine e ogni situazione, senza alterare l’ineguagliabile tensione lirica dell’originale.
Davvero godibile, quindi, la Commedia in questa “veste nuova” che ha la freschezza e la scioltezza di un “dire” che rende facilmente fruibile a tutti il grande poema, e che recupera il tempo e il mondo di Dante, a testimonianza del rapporto che c’è tra lingua dialettale e poesia.